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Rabindranath Tagore

Smettila di cantare

Smettila di cantare i tuoi inni,
di recitare le tue orazioni!
Chi adori in quest'angolo buio
e solitario d'un tempio
le cui porte sono tutte chiuse?
Apri i tuoi occhi e guarda:
non è qui il tuo Dio.

E' là dove l'aratore
ara la dura terra,
dove lo spaccapietre
lavora alla strada.
E' con loro nel sole e nella pioggia,
la sua veste è coperta di polvere.
Levati il manto sacro
e scendi con lui nella polvere.

Liberazione?
Dove credi di poter trovare
liberazione?

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Per mano

Tu mi prendesti per mano e mi traesti
al Tuo fianco, mi facesti sedere su
l'alto seggio al cospetto di tutti
gli uomini; ond'io divenni timido,
incapace di muovermi e di seguitar
la mia via; esitante e scongiurante
a ogni passo che non avessi a urtare
in una loro spina insidiosa.

Alfine son liberato!
Il colpo è giunto, stride l'insulto,
il mio posto è là, giri nella polvere.
Ormai dinanzi a me sono aperti i sentieri.

Aperte ho l'ali al desiderio del cielo,
Vado a raggiungere le stelle cadenti
della mezzanotte, vado a precipitarmi
nell'ombra profonda.

Somiglio a nuvola estiva in balia dell'uragano,

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Mamma, il giovane Principe passerà

Mamma, il giovane Principe passerà
davanti alla nostra porta;
come posso badare al lavoro stamane?
Mostrami come devo acconciarmii i capelli,
dimmi quali vesti devo indossare.
Mamma, perché mi guardi sgomenta?
Lo' so che non alzerà
gli occhi alla mia finestra;
so bene che sparirà
in un baleno dalla mia vista;
solo la svanente melodia del flauto
mi giungerà singhiozzando da lontano.
Ma il giovane Principe passerà
davanti alla nostra porta,
e per l'occasione voglio indossare
i miei vestiti più belli.
Mamma, il giovane Principe passò
davanti alla nostra porta,
e il sole del mattino
splendeva dal suo cocchio.

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Giù in fondo scorreva la Jumna

Giù in fondo scorreva la Jumna, limpida;
rapida; su, in alto, lo scoglio sporgevasi
minaccioso.
Intorno, una cerchia di colline nereggianti
di boschi, e róse, a' piedi, dai torrenti.

Govinda, il grande maestro, sedeva sullo
Scoglio leggendo le Scritture, allorché
Raghunath, il discepolo, superbo della sua
ricchezza, s'accostò salutando e gli disse:
Ho portato il mio povero dono, indegno,
forse, del tuo gradimento."

Così dicendo, spiegò dinanzi al maestro due
anelli d'orlo adorni di pietre preziose.
Il maestro ne prese uno, se ne cinse il dito,
e i diamanti irradiarono guizzi.

A un tratto l'anello gli scivolò di mano e
rotolò giù per lo scoglio e poi nell'acqua.

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L'uccello prigioniero

L'uccello prigioniero nella gabbia,
l'uccello libero nella foresta:
quando venne il tempo s'incontrarono,
questo era il decreto del destino.
L'uccello libero grida al compagno:
"Amore mio, voliarno nel bosco!"
L'uccello prigioniero gli sussurra:
"Vieni, viviamo entrambi nella gabbia".
Dice l'uccello libero.- "Tra sbarre,
dove c'è spazio per stendere l'ali?"
"Ahimé, grida l'uccello nella gabbia,
Non so dove appollaiarmi nel cielo".

L'uccello libero grida:
"Amore mio, canta le canzoni delle foreste".
L'uccello in gabbia dice:
"Siedi al mio fianco,
t'insegnerò il linguaggio dei sapienti".
L'uccello libero grida: "No, oh no!
I canti non si possono insegnare".

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Oh, Poeta

Oh, poeta, la sera s'avvicina;
i tuoi capelli diventano grigi.
Nel tuo meditare solitario
odi il messaggio dell'aldilà?

"E' sera", rispose il poeta,
"e sto in ascolto perché dal villaggio
qualcuno potrebbe chiamarmi,
sebbene l'ora sia tarda.
Osservo se i giovani cuori vagabondi
s'incontrano, e due paia d'occhi supplicanti
chiedono che la mia musica
rompa il loro silenzio
e parli per loro.
Chi tesserà i loro canti appassionati,
se io siedo sulla riva della vita
contemplando la morte e l'aldilà?"

"Già tramonta la stella della sera.
Il fuoco d'una pira funeraria

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