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Edgar Allan Poe

Il Lago

Nel fior di giovinezza, ebbi in sorte
d'abitar del vasto mondo un luogo
che non poteva ch'essermi caro e diletto -
tanto m'era dolce d'un ermo lago
la selvaggia bellezza, cinto di nere rocce,
con alti pini torreggianti intorno.

Ma poi che Notte, come su tutto,
aveva lì disteso il suo manto,
e il mistico vento e melodioso
passava sussurrando - oh, allora,
con un sussulto io mi destavo
al terrore di quel solitario lago.

Pure, non mi dava spavento quel terrore,
ma anzi un tiepido diletto -
un diletto che nè miniere di gemme
nè lusinghe o donativi mai potrebbero
indurmi a definir qual era -
e neanche Amore - fosse anche l'Amor tuo.

Morte abitava in quelle acque attossicate,
e una tomba nel profondo gorgo
era disposta per chi sapesse ricavarne
un sollievo al suo immaginare:
il solingo spirito sapesse fare
un Eden di quell'oscuro lago.

poesia di Edgar Allan PoeSegnala un problemaCitazioni simili
Aggiunto di Simona Enache
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Giacomo Leopardi

Canti II - Il primo amore

Tornami a mente il dì che la battaglia
D'amor sentii la prima volta, e dissi:
Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!

Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi,
Io mirava colei ch'a questo core
Primiera il varco ed innocente aprissi.

Ahi come mal mi governasti, amore!
Perché seco dovea sì dolce affetto
Recar tanto desio, tanto dolore?

E non sereno, e non intero e schietto,
Anzi pien di travaglio e di lamento
Al cor mi discendea tanto diletto?

Dimmi, tenero core, or che spavento,
Che angoscia era la tua fra quel pensiero
Presso al qual t'era noia ogni contento?

Quel pensier che nel dì, che lusinghiero
Ti si offeriva nella notte, quando
Tutto queto parea nell'emisfero:

Tu inquieto, e felice e miserando,
M'affaticavi in su le piume il fianco,
Ad ogni or fortemente palpitando.

E dove io tristo ed affannato e stanco
Gli occhi al sonno chiudea, come per febre
Rotto e deliro il sonno venia manco.

Oh come viva in mezzo alle tenebre
Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
La contemplavan sotto alle palpebre!

Oh come soavissimi diffusi
Moti per l'ossa mi serpeano, oh come
Mille nell'alma instabili, confusi

Pensieri si volgean! qual tra le chiome
D'antica selva zefiro scorrendo,
Un lungo, incerto mormorar ne prome.

E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
Che dicevi, o mio cor, che si partia
Quella per che penando ivi e battendo?

Il cuocer non più tosto io mi sentia
Della vampa d'amor, che il venticello
Che l'aleggiava, volossene via.

Senza sonno io giacea sul dì novello,
E i destrier che dovean farmi deserto,
Battean la zampa sotto al patrio ostello.

Ed io timido e cheto ed inesperto,
Ver lo balcone al buio protendea
L'orecchio avido e l'occhio indarno aperto,

La voce ad ascoltar, se ne dovea
Di quelle labbra uscir, ch'ultima fosse;
La voce, ch'altro il cielo, ahi, mi togliea.

Quante volte plebea voce percosse
Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
E il core in forse a palpitar si mosse!

E poi che finalmente mi discese
La cara voce al core, e de' cavai
E delle rote il romorio s'intese;

Orbo rimaso allor, mi rannicchiai
Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
Strinsi il cor con la mano, e sospirai.

Poscia traendo i tremuli ginocchi
Stupidamente per la muta stanza,
Ch'altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi?

Amarissima allor la ricordanza
Locommisi nel petto, e mi serrava
Ad ogni voce il core, a ogni sembianza.

E lunga doglia il sen mi ricercava,
Com'è quando a distesa Olimpo piove
Malinconicamente e i campi lava.

Ned io ti conoscea, garzon di nove
E nove Soli, in questo a pianger nato
Quando facevi, amor, le prime prove.

Quando in ispregio ogni piacer, né grato
M'era degli astri il riso, o dell'aurora
Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.

Anche di gloria amor taceami allora
Nel petto, cui scaldar tanto solea,
Che di beltade amor vi fea dimora.

Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
E quelli m'apparian vani per cui
Vano ogni altro desir creduto avea.

Deh come mai da me sì vario fui,
E tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh quanto, in verità, vani siam nui!

Solo il mio cor piaceami, e col mio core
In un perenne ragionar sepolto,
Alla guardia seder del mio dolore.

E l'occhio a terra chino o in sé raccolto,
Di riscontrarsi fuggitivo e vago
Né in leggiadro soffria né in turpe volto:

Che la illibata, la candida imago
Turbare egli temea pinta nel seno,
Come all'aure si turba onda di lago.

E quel di non aver goduto appieno
Pentimento, che l'anima ci grava,
E il piacer che passò cangia in veleno,

Per li fuggiti dì mi stimolava
Tuttora il sen: che la vergogna il duro
Suo morso in questo cor già non oprava.

Il cielo, a voi, gentili anime, io giuro
Che voglia non m'entrò bassa nel petto,
Ch'arsi di foco intaminato e puro.

Vive quel foco ancor, vive l'affetto,
Spira nel pensier mio la bella imago,
Da cui, se non celeste, altro diletto

Giammai non ebbi, e sol di lei m'appago.

poesia di Giacomo LeopardiSegnala un problemaCitazioni simili
Aggiunto di Simona Enache
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Mihai Eminescu

Il lago

L'azzurro dei boschi, il lago
Di ninfee si inarca;
Trasalendo in bianche cerchie
Esso scuote una barca.

Ed io passo lungo gli orli,
Quasi sento, quasi attendo
Che lei spunti di tra canne
E mi cada lieve al petto;

Saltiam nella barchetta,
Della voce d'acque ebbri,
E mi scivoli il timone
E mi sfuggano i remi;

Navighiamo affascinati
Col lume di blanda luna -
Fra le canne il vento frusci,
L'ondeggiante acqua suoni!

Ma non viene... Solitario
Soffro indarno e rimpiango
Presso il sempreazzurro lago
Di ninfee gialle fitto.

poesia di Mihai Eminescu da Poesie (Poesii) (1876), traduzione di Geo VasileSegnala un problemaCitazioni simili
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Edgar Allan Poe

Canto

Ti vidi nel tuo giorno nuziale
e t' invase una vampata di rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.

E il baleno che s'accese nei tuoi occhi
(quale ch'esso fosse per me),
fu quando alla Beltà di più conforme
potesse svelarsi alla mia vista dolente.

Fu quel rossore, credo, pudore di fanciulla -
e ben si comprende che così fosse.
Ma un più fiero incendio quel baleno
sollevò - ahimè! - nel petto di colui

che ti vide nel tuo giorno nuziale,
allorchè ti sorprese quell'acceso rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.

poesia di Edgar Allan PoeSegnala un problemaCitazioni simili
Aggiunto di Simona Enache
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Buddha

Come un lago profondo, calmo e trasparente, così sereni divengono i saggi, che hanno ascoltato la verità del dharma.

Buddha in DhammapadaSegnala un problemaCitazioni simili
Aggiunto di Simona Enache
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Mihai Eminescu

Lontano son da te...

Lontano son da te e solo presso il fuoco,
Nel mio pensier trascorro la sventurata vita.
Ottant'anni mi pare vissuto fossi al mondo,
Qual verno fossi vecchi, che tu ti fossi estinta.
Le ricordanze piovon a gocce nel mio cuore
Risuscitando il nulla di vanita passate;
Con sue dita bussa il vento alle finestre,
Il fil di dolci fiabe si fila nella mente,
Allor a me innanzi tra nebbie quasi appari,
I grandi occhi molli, le fredde mani frali,
Le braccia sporte in alto il mio collo cingi,
Volessi quasi dirmi qualcosa, poi sospiri...
Al petto stringo i beni d'amor e di bellezza,
Nei baci uniamo le nostre vite meste...
Oh! il ricordo resti per sempre senza voce,
Per sempre scordi ch'ebbi quell'attimo di sorte,
Che poi dalle mie braccia ti svincolasti ratto...
Sarò cadente, solo, sarai morta da tanto!

poesia di Mihai Eminescu, traduzione di Geo VasileSegnala un problemaCitazioni simili
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L'amistà s'intreccia al diletto.

Francesco Maria Piave in La traviata (6 marzo 1853)Segnala un problemaCitazioni simili
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Umberto Saba

La Malinconia

Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v'è al mondo, non c'è al mondo niente
che mi divaghi.
Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S'apre una porta; in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.
Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.
Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l'amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore,
presentimenti.
Malinconia,
la vita mia
amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa,
ch'altro non spero.
Quando non s'ama
più, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa più felice
il suo pensiero.
Io non sapevo
questo; ora bevo
l'ultimo sorso amaro
dell'esperienza. Oh quanto è mai più caro
il pensier della morte,
al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema
crudeltà della sorte.

poesia di Umberto Saba da Dal CanzoniereSegnala un problemaCitazioni simili
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Stendhal

Mi metterei volentieri una maschera sul volto e con diletto cambierei il mio nome.

citazione di StendhalSegnala un problemaCitazioni simili
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Mihail Bulgakov

Col terrore non si ottiene nulla da nessun animale qualunque sia il suo grado di sviluppo. L'ho sempre affermato, lo affermo e lo affermerò sempre. È inutile credere di poter fare qualcosa con il terrore.

Mihail Bulgakov in Cuore di caneSegnala un problemaCitazioni simili
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Mihail Bulgakov

Seguimi lettore! Chi ha detto che non c'è al mondo un amore vero, fedele, eterno? Gli taglino la lingua malefica a quel bugiardo! Seguimi lettore e io ti mostrerò un simile amore! No, si ingannava il maestro quando all'ospedale, verso mezzanotte diceva con amarezza a Ivanuska che essa l'aveva dimenticato. Questo non poteva accadere. Lei naturalmente non l'aveva dimenticato.

Mihail Bulgakov in Il Maestro e MargheritaSegnala un problemaCitazioni simili
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Mario Lago

Ho fatto un accordo di coesistenza pacifica con il tempo: lui non mi perseguita, io non fuggo da lui, ma un giorno ci incontreremo.

citazione di Mario LagoSegnala un problemaCitazioni simili
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La poesia è l’arte di imitare o di dipingere in versi le cose in modo che sien mossi gli effetti di chi legge od ascolta, acciochè ne nasca diletto.

citazione di Giuseppe Parini (1761)Segnala un problemaCitazioni simili
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La vita non è sempre un lago tranquillo, dietro ci sono le onde future.

Camelia Oprița in Il muro dei pensieri (2020)Segnala un problemaCitazioni simili
Aggiunto di Allessio
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Elie Wiesel

Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel in La notte (1980)Segnala un problemaCitazioni simili
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Ti vorrei

Ti vorrei nel chewin-gum
mentre vado a lavorare in tram
ti vorrei solo al bar
ti vorrei come una mamma al CAR
ti vorrei dentro i jeans
quarta donna del mio triste tris
ti vorrei con la "v"
ti vorrei che non ne posso più.

Nel letto insoddisfatto io ti vorrei
mentre accarezzo il gatto io ti vorrei
quando la notte spegne tutto
e distrutto io mi butto in questi sogni miei.

Ti vorrei ti vorrei
ti vorrei anche se fossi un gay
ti vorrei ti vorrei
non lo senti quanto ti vorrei?

Ti vorrei perchè spesso ho paura di me
nel riflesso di un abito senza te
perchè sei quel che sei ma lo stesso vorrei

Ti vorrei perchè il mondo non ha pietà
perchè intorno c'è odio e banalità
e gli amici non bastano mai e neanche lei
Ti vorrei!

In questa grande noia io ti vorrei
prima che il sogno muoia io ti vorrei
anche per una volta sola
la mia vela che si svela dentro gli occhi tuoi.

Ti vorrei ti vorrei
e anche l'anima mi venderei
Ti vorrei ti vorrei
Non lo senti quanto ti vorrei?

Ti vorrei perchè ho un gran bisogno di te
della voglia di vivere che non c'è
perchè sei quel che sei ma lo sai che vorrei.

Ti vorrei perchè il cuore non ce la fa
fra le stelle e il rumore della città
e gli amori non bastano mai mentre ti vorrei
ti vorrei...

Non lo senti quanto ti vorrei!
Non lo senti quanto ti vorrei!

canzone interpretata di Marco MasiniSegnala un problemaCitazioni simili
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La donna è mobile

La donna è mobile
Qual piuma al vento,
Muta d’accento – e di pensiero.
Sempre un amabile,
Leggiadro viso,
In pianto o in riso, – è menzognero.
La donna è mobil
Qual piuma al vento
Muta d’accento e di pensier!

È sempre misero
Chi a lei s’affida,
Chi le confida – mal cauto il core!
Pur mai non sentesi
Felice appieno
Chi su quel seno – non liba amore!
La donna è mobil
Qual piuma al vento
Muta d’accento e di pensier!

canzone interpretata di Enrico Caruso, musica di Giuseppe Verdi, versi di Francesco Maria Piave da Rigoletto (11 marzo 1851)Segnala un problemaCitazioni simili
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Mircea Eliade

Non ho mai visto seni più belli, di nessuna statua al mondo, perché quel pallore oscuro del corpo di Maitreyi si era ora acceso, per la prima volta svelato, e la bellezza perfetta, scultorea, del suo busto si era illuminata aspettandomi. Tutto il suo corpo era un' attesa, il suo viso era immobile, i suoi occhi mi guardavano come un prodigio. Non era più sensualità quel brivido che l'attraversava e uccideva accanto a me... Lei si era interamente donata al miracolo di un contatto maschile con il suo corpo ancora vergine.

Mircea Eliade in MaitreyiSegnala un problemaCitazioni simili
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Giorgio Caproni

Dopo la Notizia

Il vento… È rimasto il vento.
Un vento lasco, raso terra, e il foglio
(quel foglio di giornale) che il vento
muove su e giù sul grigio
dell’asfalto. Il vento
e nient’altro. Nemmeno
il cane di nessuno, che al vespro
sgusciava anche lui in chiesa
in questua d’un padrone. Nemmeno,
su quel tornante alto
sopra il ghiareto, lo scemo
che ogni volta correva
incontro alla corriera, a aspettare
– diceva – se stesso, andato
a comprar senno. Il vento
e il grigio delle saracinesche
abbassate. Il grigio
del vento sull’asfalto. E il vuoto.
Il vuoto di quel foglio nel vento
analfabeta. Un vento
lasco e svogliato – un soffio
senz’anima, morto.
Nient’altro. Nemmeno lo sconforto.
Il vento e nient’altro. un vento
spopolato. Quel vento,
là dove agostinianamente
più non cade tempo.

poesia di Giorgio Caproni da Il muro della terraSegnala un problemaCitazioni simili
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William Shakespeare

Amleto: Il gran Cesare, morto e trasmutato in creta, poteva serrare un pertugio per impedire il passaggio del vento. Oh che quell’argilla che aveva tenuto soggetto il mondo dovesse andar così a rassettare un muro per allontanare il soffio di brezze assiderate!...

replica da Amleto, atto V, scena 1 di William Shakespeare (1599), traduzione di Carlo RusconiSegnala un problemaCitazioni simili
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Fabrizio Caramagna

Il lago: la sua capacità di aspettare supera il desiderio di arrivare fino al mare.

aforisma di Fabrizio Caramagna da L'aforisma in Italia. Antologia dal Premio “Torino in Sintesi” (settembre 2011)Segnala un problemaCitazioni simili
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